Povertà in aumento…

La povertà viene definita in termini assoluti o relativi.

Nella definizione ufficiale di povertà assoluta si tiene conto della disponibilità di denaro necessario a soddisfare i bisogni primari, cibo, vestiti, abitazioni e non della qualità della vita o delle ineguaglianze sociali. La povertà assoluta, infatti, si verifica quando una famiglia o un individuo non sono in grado di acquistare un insieme di beni e servizi considerato indispensabile per condurre una vita dignitosa. Quindi si calcola in relazione a un valore monetario che cambia a seconda della tipologia familiare (una famiglia di anziani non ha le stesse necessità di una famiglia con bambini) , della ripartizione geografica in cui si vive (il livello dei prezzi non è identico in tutto in Paese) e alla dimensione del comune di residenza (vivere al centro di un’area metropolitana è molto diverso dal vivere in un piccolo comune).

La povertà relativa definisce i poveri di una società, o di un determinato paese, in relazione allo stato economico degli altri membri della medesima società. Questa divisione però prende in considerazione solo il parametro del reddito e dei consumi e non considera da una parte il fatto che il reddito non è l’unico elemento a determinare la possibilità di accedere ai beni ed ai servizi necessari per vivere, dall’altra che l’esclusione sociale possa essere intesa come causa e/o effetto della povertà. Di anno in anno la soglia varia a seconda del valore della spesa media pro capite. In effetti, più che di povertà vera e propria si potrebbe parlare di disuguaglianza perché si è “poveri” in relazione alla condizione -media- degli altri.

L’esclusione sociale, invece, sta emergendo sempre più come un importante indicatore, insieme a quello del reddito e dei bisogni primari da soddisfare. 

Sintetizzando, possiamo dire che in generale sono tre le prospettive attraverso le quali viene letta e analizzata la povertà, definita anche deprivazione. La prospettiva del reddito indica che una persona è povera se il suo reddito è al di sotto della soglia o linea di povertà del paese in cui abita, solitamente calcolata sulla disponibilità di denaro per acquistare beni di prima necessità come il cibo. 

La prospettiva dei bisogni fondamentali, invece, va oltre il reddito per includere nel calcolo anche il bisogno di una comunità di avere strutture e servizi sociali di base in grado di prevenire le povertà.

Infine, la prospettiva delle opportunità tiene conto del fatto che la povertà non è solo economica, ma riguarda la possibilità o impossibilità per le persone di esercitare determinati diritti, come quello di poter accedere a cibo nutriente, ad un’istruzione adeguata, ad avere un’abitazione sicura e pulita, ecc. Al centro di questa prospettiva non c’è più solo l’aumento del reddito, ma il miglioramento della qualità della vita che include la libertà di esprimersi, di scegliere.  

Quindi, la povertà non è solo il metro della distanza del povero nei confronti del ricco, non misura solo la frattura tra prodotti interni lordi (PIL), non è solo un parallelo che separa geograficamente il Nord dal Sud. La povertà riguarda anche il lavoro, in prevalenza quello non dignitoso e scarsamente retribuito, che riduce e a volte annienta i consumi e non consente l’esercizio dei diritti. La povertà rivela le debolezze della nostra umanità, separa le persone, ostacola le relazioni e genera indifferenza, disprezzo, sopruso. 

Povertà significa mancanza di benessere: mancanza di mezzi materiali, in particolare quelli fondamentali, come il cibo sufficiente per vivere, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione, ecc.; significa anche vivere in abitazioni degradate, in quartieri insalubri, in zone in cui la domanda di lavoro scarseggia o il lavoro è poco riconosciuto, scarsamente remunerato e senza tutela. Questi ed altri fattori contribuiscono a rendere le persone più fragili, talvolta incapaci di compiere delle scelte significative per il loro futuro; si tratta di persone alle quali molti dei diritti fondamentali sono negati. 

La povertà è al Sud, ma non coincide con il Sud del mondo: è ovunque, nel Nord e nel Sud e andrebbe misurata tenendo in considerazione il contesto di ogni Paese evitando fuorvianti comparazioni. 

Se pensiamo agli Stati Uniti, al Canada, ai diversi paesi dell’Unione Europea potremmo dire che essi non conoscano più le carestie, che non vivano più la fame, ma in essi è ancora molto alto il numero delle persone che hanno gravi problemi economici. 

Purtroppo nel 2020 la pandemia ha avuto un evidente effetto sulle condizioni economiche delle famiglie. La condizione di povertà assoluta ha riguardato oltre cinque milioni e seicentomila individui, vale a dire il 9,4 per cento delle persone  residenti in Italia, mentre nell’anno precedente la quota era pari al  7,7 per cento. Tuttavia, è diminuita l’intensità della povertà che misura “quanto poveri sono i poveri”, cioè quanto la spesa media mensile delle famiglie povere è inferiore alla linea di povertà. Questa dinamica probabilmente è dovuta sia al livello più basso di consumi nel 2020 sia agli strumenti di sostengo messi in campo e che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà.

La povertà è aumentata ovunque, ma in misura maggiore a Nord. Nel Mezzogiorno, che mantiene comunque valori più alti di incidenza, l’aumento è stato meno significativo.

Con l’aumento dell’incidenza di povertà assoluta da parte di persone che avevano un’occupazione, sia dipendente sia indipendente. Hanno peggiorato la propria situazione soprattutto le famiglie la cui persona di riferimento risultava occupata. Mentre l’incidenza della povertà ha coinvolto di meno le famiglie con persona di riferimento pensionata. 

Le famiglie più numerose, quelle con più figli minori, le famiglie di stranieri o con almeno un componente straniero, le famiglie che pagano un affitto e – in misura minore- chi ha un mutuo da pagare.

La povertà relativa non è aumentata, anzi è diminuita, soprattutto nel Mezzogiorno. Questo non significa che siano migliorate le condizioni di vita generali, ma che, a fronte di una riduzione dei consumi per le famiglie che spendevano di più, secondo l’istat, si è ridotto lo svantaggio o la distanza con le famiglie che spendono di meno.

La geografia del mondo ci mostra come la povertà sia un fenomeno globale. Mettersi alla ricerca delle relazioni tra il Nord, con una storia di conquista fatta di rivoluzioni industriali e tecnologiche, e il Sud, con una storia di invasioni, saccheggi e oppressione, potrebbe essere una delle piste da seguire per comprendere maggiormente le cause dell’ineguale distribuzione delle ricchezze.


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